FRANCESCO SARZI
Francesco Sarzi fu dei cinque figli di Antonio Sarzi quello che più di tutti portò avanti nel mestiere l’eredità paterna. Fu un grande Capocomico e nella sua compagnia passarono numerosi personaggi dello spettacolo, poi divenuti celebri. Francesco venne mandato a studiare in seminario, ma capì ben presto che la sua vera passione era un’altra: il teatro d’attore. Il suo avviamento al teatro, di figura prima e di prosa poi, fu molto precoce, intorno ai sei o sette anni. Nel 1911 ebbe ufficialmente inizio la sua lunga carriera, animata da una forte passione, che mai lo abbandonò. Venne scritturato, come attore generico, nella compagnia di Sem Benelli, mentre studiava recitazione a Bologna, dove seguiva i corsi di Luigi Rasi. A Bologna Francesco imparò la dizione, il movimento e la gestualità teatrale, il gioco di maschera e l’interpretazione.
Nel 1913 lavorò con altre compagnie di prosa come quella di Teresa Mariani e dei fratelli Colombo. Sempre in quel periodo, costituì una compagnia dilettante con le sorelle, gli amici e il padre. Quello stesso anno partì poi per Messina, dove fece il servizio militare, ma ciò non gli impedì di continuare ad allestire spettacoli. Poco dopo però, a seguito di uno spiacevole evento, fu retrocesso a soldato e mandato a Tobruk, in Libia, dove rimase fino alla fine della guerra. Durante gli anni trascorsi in Africa, Francesco mise in scena sia spettacoli di burattini che di prosa, con l’aiuto di un gruppo di uomini dalle idee socialiste, Giuseppe Di Vittorio, Ercole Buco e Umberto Bianchi.
Questa sorta di apprendistato politico lo portò a partecipare alla fondazione del Partito Comunista d’Italia nel 1921 a Livorno. In seguito portò avanti con l’aiuto dei suoi familiari un’intensa attività politica antifascista. Sempre nel 1921 fondò la sua compagnia di prosa con la moglie Linda Bozzi, pur continuando l’attività di burattinaio, assai più redditizia. Con i burattini del padre iniziò ad allestire qualche spettacolo nella provincia di Mantova, dove conobbe la compagnia di attori degli Allegrini, con cui rimase in amicizia.
Rispetto a suo padre Antonio, il quale rimase per tutta la vita legato alla tradizione, coi burattini della Commedia dell’Arte, Francesco sperimentò nuove forme e contenuti, preoccupandosi più dell’aspetto gestuale, che della modulazione della voce nell’uso dei dialetti. Per tutta la vita egli utilizzò il teatro come strumento di satira ed espressione dei suoi ideali, affermando: “Mettevo sempre una parola per il comunista (…), ma nella prosa si dovevano seguire le commedie, mentre con i burattini era più facile…”.